L’8 novembre scorso si è spento il Generale Italo Bonvicini.
Nel relativamente breve periodo in cui prestò servizio nell’Esercito, ebbe modo di farsi riconoscere come figura singolare, originale, ma degna di grande stima.
Noi lo avemmo come Comandante del Battaglione AUC, negli anni ‘84/85.
Di lui ricordo gli occhi penetranti, capaci di superare qualsiasi barriera per poi raggiungere il profondo dell’animo. Ti voleva sincero, non sopportando i giri di parole, le parafrasi, le ipocrisie. Non avrebbe mai potuto essere o fare il politico.
Ricordo gli ordini in adunata: perentori, asciutti, taglienti, come spesso erano i suoi commenti. Non concedeva molto agli altri, ma solo perché non concedeva nulla a sé stesso.
Nonostante il rispetto riverenziale, Provavo simpatia e una certa familiarità nel linguaggio, soprattutto quello più colorito di noi Emiliani…
Ricordo perfettamente le due occasioni in cui rimasi solo con lui durante l’addestramento. Se la sensazione che si aveva in pubblico era di uomo sanguigno, impulsivo e a volte irascibile, nel contatto personale rivelava un’umanità che difficilmente si incontrava in un ambiente come quello della Scuola Militare.
Ci ispirava. Ci spaventava. Ma ci piaceva. Volevamo noi, aspiranti guerrieri, essere un guerriero come lui.
Quando lasciò l’Esercito, io lo seppi attraverso una lettera, dove esprimeva tutta la sua amarezza per non aver ritrovato nella professione di Ufficiale, gli estremi ed i fondamenti del Giuramento che fece alla Patria, al Dovere, all’Onore.
Ritornò alle origini, alla campagna, lui già coltivatore diretto, ma prese anche il diploma di maestro di sci e d’inverno si trasferiva a Courmayeur dove praticava la professione.
La notizia della sua morte mi ha colpito e credo non solo me, come se non dovesse morire mai, lui parte importante, segnante, della nostra esperienza alla SMALP.
Generale Italo Bonvicini, Lei ci mancherà.